Alla luce del nostro passato: il bacino dell’Omo-Turkana rivela i segreti delle origini dell’umanità

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L’antico paesaggio che circonda il Lago Turkana in Kenya custodisce segreti sussurrati nel corso dei millenni: resti del nostro lontano passato. Una recente scoperta sulla collina Namorotukunan, dove il letto di un fiume da tempo asciutto ora culla una macchia polverosa, getta ulteriore luce sull’evoluzione della costruzione di utensili nei primi esseri umani. I ricercatori guidati da David Braun della George Washington University hanno portato alla luce oltre 1200 strumenti in pietra Oldowan meticolosamente modellati tra 2,44 e 2,75 milioni di anni fa. Sebbene questi semplici strumenti siano stati rinvenuti in tutta l’Africa e l’Eurasia, quelli di Namorotukunan si distinguono per la loro notevole consistenza. Nonostante abbiano attraversato un periodo sorprendente di 300.000 anni, gli ominidi che li hanno realizzati hanno mantenuto tecniche notevolmente simili e hanno selezionato rocce di alta qualità per le loro creazioni. Questa produzione coerente di strumenti per un periodo così vasto suggerisce che non si trattava di esperimenti fugaci; piuttosto, l’uso degli strumenti era profondamente radicato nella loro vita quotidiana.

Quest’ultima scoperta sottolinea il significato duraturo del bacino dell’Omo-Turkana come una delle culle dell’umanità. Attraversando il confine tra Etiopia e Kenya, questa vasta regione vanta siti ricchi di fossili come Koobi Fora e la Formazione Nachukui. È stato un punto focale per i paleoantropologi sin dagli anni ’60, fornendo informazioni cruciali sull’evoluzione umana.

Un tesoro fossile: alla scoperta dei nostri antenati

Dal fiume Omo in Etiopia alle vaste sponde del Lago Turkana, questo bacino vanta una straordinaria concentrazione di fossili di ominidi: più di un terzo di tutti i resti africani conosciuti. Il lavoro dei ricercatori guidati da François Marchal dell’Università di Aix-Marseille ha catalogato meticolosamente oltre 1200 esemplari di ominidi appartenenti a circa 658 individui.

Queste raccolte dipingono un quadro vivido del nostro viaggio evolutivo:

  • Il primo Homo: Le prove indicano che il primo genere Homo prosperò nel bacino dell’Omo-Turkana tra 2,7 e 2 milioni di anni fa. Gli esemplari più antichi qui rinvenuti, anche se in attesa di una descrizione dettagliata, risalgono addirittura a 2,74 milioni di anni fa. Sebbene non fosse dominante in questo periodo (le specie più robuste Paranthropus erano prevalenti accanto all’Australopithecus), il primo Homo era innegabilmente presente, potenzialmente brandendo quegli antichi strumenti Oldowan.

  • Antico Homo sapiens: Il sito di Omo Kibish vicino al fiume Omo custodisce alcuni dei resti più antichi conosciuti dell’umanità, risalenti ad almeno 233.000 anni fa. Originariamente stimati in 130.000 anni, essi respingono la nostra comprensione dell’Homo sapiens, rivelando una specie con radici potenzialmente molto più profonde di quanto si pensasse in precedenza. Questo, insieme ai fossili ancora più antichi di Jebel Irhoud provenienti dal Marocco (circa 300.000 anni), suggerisce che potremmo esserci evoluti in modo indipendente per un periodo significativamente più lungo di quanto si credesse in precedenza.

Un’eredità di scoperte e domande continue

Il bacino dell’Omo-Turkana è più che un deposito di ossa antiche; è una testimonianza vivente del potere di un’indagine scientifica sostenuta. Ogni scoperta, dagli strumenti meticolosamente realizzati agli scheletri appena portati alla luce, rimodella la nostra comprensione dell’evoluzione umana.

Mentre permangono lacune nella documentazione fossile e alcuni reperti, come gli esemplari della Formazione Shungura, attendono un’analisi dettagliata, il bacino dell’Omo-Turkana promette continue rivelazioni. Man mano che i ricercatori continuano a mettere insieme questo intricato mosaico del nostro passato, ciò metterà senza dubbio in discussione le narrazioni esistenti e illuminerà nuovi aspetti di ciò che ci rende umani.